Fisco e ceto medio : una riforma equa ?

 

di Riccardo Borserini, consigliere di Giunta Unpit

 

In un  testo di economia ricordo di aver trovato alcuni grafici usati per illustrare come una diversa distribuzione del reddito corrisponda a diverse composizioni della società: la dimostrazione che se ne ricavava era che una economia sana e bilanciata è caratterizzata dalla prevalenza di reddito generato da un ampio ceto medio. Questo ceto medio,  che va dal ceto impiegatizio a dirigenti, militari e professionisti, può anche essere definito come borghesia, ossia quella classe sociale che troppo spessoè stata demonizzata e combattuta in base ad una ideologia che ancora oggi sembra prevalere quando si trattano i temi della fiscalità e della distribuzione della ricchezza.

Alcuni dei recenti provvedimenti legislativi ne sono la prova. Per primi quelli che riguardano la cosiddetta riforma dell’imposta sul reddito  che , tra variazione delle aliquote e “ridefinizione” delle spese deducibili , potrebbe finire coll’aggravare il peso delle imposte sui redditi medio alti, all’insegna di una bandiera della comunicazione  demagogica  “chi ha di più deve dare di più”, come se non fosse vero che già oggi più di due terzi del gettito fiscale pesino sulle spalle di una minoranza di contribuenti onesti.

Questa situazione si riflette ugualmente sui pensionati, che per di più non hanno assolutamente modo di difendersi perseguendo alternative di lavoro per aumentare il proprio reddito. A loro carico negli ultimi anni si sono susseguiti prelievi mirati, definiti come “contributi di solidarietà”, in paleseviolazione del principio per  cui le norme tributarie devono essere applicate a tutti i contribuenti in misura uguale a parità di reddito : inoltre , da molti anni , si è violato l’impegno al riconoscimento di una perequazione delle pensioni a fronte di un’inflazione che peraltro  non rispecchia  il reale aumento del costo della vita.

Infine anche il patrimonio di una classe media lavoratrice e risparmiatrice è minacciato. In vita , da una pesante imposizione e , per i superstiti, dalle imposte di successione che i nostri legislatori prevedono di inasprire drasticamente. Su tutto questo incombe la cosiddetta revisione degli estimi, che potrebbe portare ad applicare una imposta, che era stata parametrata sulla base di  valori catastali riconosciuti come convenzionali, a cosiddetti valori di mercato, calcolati chissà come e chissà quando.

Per concludere, a differenza di quanto fatto con il criterio del buon padre di famiglia da privati e imprenditori, in presenza di un bilancio passivo anziché ricercare e combattere gli sprechi e la vera intollerabile evasione, la sensazione è che si continui a perseguire la via dell’aumento delle entrate tributarie, penalizzando chi dichiara in modo veritiero la propria posizione economica e viene perciò pesantemente tassato.