Cumulo pensionistico

Cumulo professionisti

Di Marco Perelli Ercolini

Con l’attuale legge sul cumulo porte aperte ai periodi con versamenti alle Casse professionali? Sì, ma con tanti punti interrogativi e bocconi amari per le suddette casse.

La possibilità al cumulo potrebbe riguardare forse un milione di professionisti.

E uno dei punti spinosi è quello che potrebbe spalancare le porte pure alla opportunità di poter ottenere la validazione di periodi pre-riforma 335 e il conseguente diritto per molti professionisti di poter calcolare periodi che farebbero maturare il diritto al calcolo retributivo della propria pensione.

Già in passato avevo segnalato come i periodi di iscrizione alla quota A del Fondo generale ENPAM avrebbero potuto essere validamente calcolati ai fini di una anzianità contributiva previdenziale utile per maturare il diritto al calcolo retributivo della pensione, posto che la legge 335/1995 per l’individuazione del sistema di calcolo esplicita che debbono essere ritenuti validi «tutti i periodi da contribuzione effettiva o figurativa esistenti in via obbligatoria presso qualsiasi gestione previdenziale», non ponendo esplicita preclusione se derivante o no da attività lavorativa.

Infatti dopo una prima interpretazione (lettera circolare del dicembre 2008) della legge, l’Inpdap ha dovuto fare marcia indietro: “i periodi di iscrizione previdenziale al fondo di Previdenza Generale Enpam quota A, non possono essere considerati per raggiungere i 18 anni di anzianità contributiva al 31.12.1995, in quanto l’art. 21 D.lg.C.P.S. 13 settembre 1946 n. 233 prescrive l’obbligatorietà del contributo al Fondo generale Enpam al solo presupposto del potenziale svolgimento dell’attività professionale, connesso all’iscrizione nel relativo albo, indipendentemente dal fatto che venga o meno prestata una qualsiasi attività lavorativa”.

Questa è una delle problematiche, ma ve ne sono altre anche di una discreta importanza e speriamo che, dato il pericolo dei bizantinismi dei nostri burocrati, non si arrivi ai soliti pastrocchi. Auguriamoci dunque risoluzioni corte e chiare e senza allocuzioni in burocratese, osservanti i veri diritti del lavoratore previsti dalla legge e non gli interessi delle Casse. Meglio, dunque, una direttiva o un decreto del ministero del Lavoro e non una semplice circolare dell’Inps in quanto la portata applicativa della disposizione ha ampio raggio.

Certamente ci potranno essere aggravi di spesa e, in particolare, verrebbero meno gli introiti dei contributi inefficaci per un trattamento di pensione, i così detti «contributi silenti» che salvo specifiche previsioni dei vari regolamenti delle Casse privatizzate non vengono restituiti e comunque sempre a domanda, e molti non lo sanno, al compimento dell’età pensionabile.

Indubbiamente ci sono punti delicati, ma attenzione: per non gravare sui bilanci non si può ignorare o travisare la legge istitutiva…

Caro Stato se fai una legge, questa va rispettata… e da tutti! dal legislatore e dal cittadino…